Il suo nome era John Jo Jono, un nome famoso nell’ambiente dei motori. Durante la sua lunga e fulgida carriera aveva guidato per i migliori team di Formula 1, pur senza riuscire mai a coronare il proprio sogno, diventare Campione del Mondo. Ciononostante aveva conquistato il rispetto e la stima dei suoi colleghi, della stampa e del pubblico grazie ad alcuni successi di prestigio. Il Nuerburgring, Monza, Le Castellet, Brands Hatch lo avevano visto sfrecciare vincitore sul traguardo. John Jo Jono poi, austriaco di Horrem, era noto anche per un altro motivo. Aveva una abitudine, una sorta di scongiuro scaramantico, la sera precedente ogni G.P. percorreva, in solitudine, un giro di pista a piedi. Solo il Nuerburgring sfuggiva a questo rituale, per via della lunghezza del percorso. Ed ecco perché, in quella calda serata di settembre, John Jo si era avviato verso la prima curva del Circuito di Monza, la chicane in fondo al rettilineo dei box.

La passeggiata si era rivelata rilassante, distensiva. Il circuito si snodava all’interno dello splendido parco, invaso dai tifosi in attesa della gara. I rumori, le risate, lo lasciavano del tutto indifferente, lui continuava a camminare seguendo con lo sguardo la traiettoria che avrebbe seguito con il suo bolide. Poi, a un centinaio di metri dall’ingresso della Curva Parabolica, John Jo aveva incontrato un uomo, seduto sul guardrail di sinistra, appoggiato con le spalle a un qualcosa che nella penombra sembrava essere una ruota, forse un bersaglio. John Jo aveva avvertito su di sé lo sguardo dell’altro uomo e così, distolti gli occhi dalla pista, lo aveva fissato a sua volta.
“Io credo di conoscerti”, John Jo aveva detto a voce bassa. Quell’uomo aveva qualcosa di familiare per lui.
L’uomo non aveva risposto, e John Jo si era sentito in imbarazzo. Ormai erano distanti pochi passi, e l’oggetto alle spalle dell’uomo era riconoscibile. Una corona di fiori. Sulla fascia centrale un nome: Wolfgang.
“Ti stavo aspettando”, lo sconosciuto aveva detto. E poi: “Sono anni che aspetto”.
Il cuore di John Jo aveva iniziato a correre, perché lui aveva riconosciuto l’uomo. Wolfgang von Trips, pilota austriaco degli anni ’60, nato a Horren e morto in quel punto del circuito molti anni prima.
“Finalmente posso tornare a casa”. L’uomo si era alzato, e con un cenno del capo a mo’ di congedo lentamente era svanito nella penombra.

Il team manager, preoccupato per il ritardo di John Jo, aveva inforcato una motocicletta ed era partito alla ricerca del suo pilota. Il buio stava scendendo velocemente. Il faro della moto creava una lama luminosa striata da centinaia di insetti. L’aria era rinfrescata, e in lontananza si sentiva il rombo di un temporale in arrivo. Il team manager era sempre più preoccupato. Aveva concluso rapidamente il giro di pista. Poi, una volta ai box, aveva chiesto notizie ai meccanici ancora al lavoro. Nessuno aveva più visto John Jo.

Ora tutti stavano cercando il pilota scomparso. Un esercito di meccanici, addetti alla pista, commissari di gara, agenti. Alla fine un addetto alla sicurezza aveva trovato il corpo di John Jo riverso a terra a un centinaio di metri dalla Curva Parabolica. I dottori del circuito avevano diagnosticato infarto. Sul certificato di morte, datato 10 settembre, si leggeva “morte per cause naturali”.

Al giornale l’aria era pesante. Il lavoro per l’edizione del mattino era terminato da alcune ore, e le poche persone ancora presenti avevano lo sguardo stanco.Il telefono aveva fatto sobbalzare il capocronista di turno. Era la notizia della morte di John Jo. L’uomo aveva deciso di mandare un altro giornalista al circuito per l’edizione pomeridiana, poi aveva ripreso a sonnecchiare. Un giovane fattorino che stava leggendo il giornale in un angolo della stanza, alzati gli occhi, aveva guardato aldilà dei vetri dell’ufficio.
“Oggi è il 10, l’anniversario della morte di von Trips, il pilota. Guarda che strano” aveva detto. Poi, scuotendo il capo come per voler scacciare un pensiero fastidioso, aveva abbassato nuovamente gli occhi, rifugiandosi nella lettura. La vita continuava a scorrere.