Il cavallo stava impazzendo. Senza nessun motivo apparente il cavallo stava impazzendo. Si agitava stringendo le froge scure. Il segno era inequivocabile. Almeno per lui. Lui conosceva quegli animali, aveva lavorato in un macello equino per quattro giorni, e aveva fatto tesoro degli insegnamenti ricevuti.
“Per me i cavalli non hanno segreti”, continuava a ripetere agli amici brandendo scontrini di scommesse dell’Ippodromo Centrale. Era molto ascoltato, forse perché aveva perso più di trentamila kopechi con le sue infallibili scommesse, e questo, per lui, era il miglior biglietto di visita.
“Quel cavallo vincerà sicuramente un sacco di corse, ve lo dico io, è il caso di investire un po’ di lattughe, credetemi.”
Come sempre, solo l’ubriaco cronico del locale gli aveva dato ascolto, quel giovane sempre abbronzato che si intendeva di onde e che cercava di vendere le sue storie di mari lontani ai turisti turchi pur senza essere a conoscenza dell’idioma. Lui invece non voleva lavorare. Non era nel suo stile, lo aveva capito al macello.
“Devo trovare il modo di fare soldi, e alla svelta.”
Non aveva trovato di meglio che cercare di spaventare un cieco con la mossa delle dita negli occhi. Il cieco non aveva battuto ciglio, e quando si era sentito toccare nelle tasche aveva reagito violentemente, cieco di furore.
Il cavallo continuava a sbattere le froge con ardore, in attesa di qualcuno che credesse nelle sue possibilità. Sapeva di poter vincere, ed era molto impaziente.
Pesto nel fisico, ma non nel morale, lui aveva scelto un’altra vittima, più consona alle sue attitudini. Ma lei era troppo grassa, e lui avrebbe dovuto capirlo subito. Appena si era accorta che lui stava cercando il borseggio veloce, lo aveva placcato al collo e, con abile mossa, lo aveva abbattuto. Era riuscito a scappare solo grazie al suo alito. Lei, la vittima, probabilmente stava ancora correndo.
Il cavallo intanto aveva smesso di sbattere le froge e, scorrendo gli annunci sul giornale locale, si era trovato un posto da barman in un locale sulla costa.
E lui non lo aveva saputo!
Era troppo occupato a trovare il modo di ramazzare dei soldi.
E questa volta c’era proprio riuscito.
Aveva annusato i propri calzini per tutta la mattina, incazzandosi a morte. Poi, determinato a tutto, si era lanciato contro un battaglione antiguerriglia di stanza nella stanza accanto alla sua. Li aveva sconfitti a rate, in tre lunghe settimane di tira e molla. Mentre tutti gli altri erano riusciti a fuggire, l’ultimo soldato rimasto nelle sue mani si era arreso. I suoi superiori, non vedendolo tornare con i compagni, lo avevano accusato di diserzione per cui lui, gli piaceva troppo picchiare senza rischi penali, aveva pagato di tasca propria l’esiguo riscatto. Con i pochi kopechi nella tasca segreta lui aveva attraversato tutta la città a passo di gambero, ed era arrivato un po’ confuso in verità. L’allibratore lo aveva guardato incredulo, non aveva mai raccolto scommesse su barmen. Per di più era astemio. Alla fine lo aveva fatto parlare con suo cognato, scaricatore di porti del deserto al momento disoccupato, che si era premurato di rubargli i soldi rilasciandogli una regolare ricevuta, ossia il famoso calcio nel didietro.
Da allora lui aveva preso a frequentare il bar del cavallo, inizialmente supplicandolo di sbattere le froge, poi prendendolo direttamente a sputi sul muso. Quel cavallo gli aveva rovinato la reputazione, e lui ora gli rovinava il feeling col lavoro. Segretamente aveva poi cercato di procurarsi un biglietto omaggio per un giro di piacere al macello equino, a nome del cavallo naturalmente.
Oggi vive appeso a un gancio nella cella frigorifera numero trecento, dimenticato da tutti e pronto per essere scongelato in caso di conflitto interstellare.
Il cavallo invece è diventato senatore e si diletta a sbattere le froge nei giorni di festa, davanti agli amici più intimi, i suoi elettori.