Da giorni il rumore degli applausi arrivava alle sue orecchie e a quelle delle sue compagne. Un rituale che si stava ripetendo ormai da due settimane. Il tempo era scandito dall’aprirsi e dal richiudersi veloce della porta che dava sul mondo, oltre l’involucro che le stava contenendo. Lei ogni volta sorrideva, perché questo stava a significare che il grande momento si stava avvicinando. Già, lei sapeva a cosa stavano andando incontro, ed era felice, perché oltre quella porta c’erano la fama, il successo, le luci della ribalta. Non un circolo qualsiasi, un giocatore qualunque, magari maldestro, oppure peggio, la bocca di un cane; niente di tutto questo, ma la gloria, la finale di un torneo internazionale, in breve il massimo per una pallina da tennis. Erano state due lunghe settimane, trascorse in trepida attesa, avvolta nel buio più profondo, in un silenzio rotto solo da qualche raro colpo secco proveniente dall’esterno, sicuramente qualche sorella che andava a colpire la scatola all’altezza del sedile del giudice di campo. Poi tutto si era messo in movimento. Non stava sognando, questa volta la porta si era aperta e una mano si era tuffata e aveva pescato la sua scatola. Il rumore di uno strappo e poi la luce, il campo, il pubblico, i giocatori. Mentre veniva lanciata verso il raccattapalle di destra aveva lanciato uno sguardo al tabellone del punteggio: tie break del quinto set! Avrebbe deciso l’incontro e la finale, lei avrebbe giocato il tie break più importante del torneo. Forse sarebbe addirittura passata alla storia, la pallina dell’ultimo scambio, del match point. Il pubblico era eccitato, così come il raccattapalle. Aveva le mani sudate e non riusciva a stare fermo, e così lei veniva sballottata di qua e di là, dalla mano destra alla sinistra e viceversa, senza tregua, e la cosa le aveva procurato un attacco di nausea. Il tempo era scaduto e i giocatori erano ritornati sul campo. Lei si era sentita lanciare e, dopo un rimbalzo, era atterrata in una mano calda e virile.
“Mioddio, si inizia” aveva avuto il tempo di pensare mentre si sentiva spingere ritmicamente verso il basso da una forza al tempo stesso brutale e gentile una, due, tre volte. Poi un lampo, e si era ritrovata a volare verso l’alto, sospesa nel nulla, ferma, in attesa della frustata.
Booom!!!
Che botta!
Era stata colpita da una cannonata nel basso schiena, e ora stava volando come una scheggia, a 200 km all’ora, verso l’altro campo.
“Cos’è quel nastro. Nooo, non passo. Alzati, alzati perdio, c’è la reteee!”
Boing!
Di naso, aveva colpito il net con il naso, ed ora stava schizzando goffamente verso il pubblico di sinistra, con una traiettoria orribilmente storta. Aveva sentito il no del giudice e poi più nulla, solo il rumore dei rimbalzi sul pubblico e qualche risata. Si era subito accorta che tutti cercavano di afferrarla, e la cosa le aveva fatto paura. Poi si era dovuta arrendere, e quella era stata la sua fine.

Era tutto il pomeriggio che sperava di averne una a portata di mano. Lui odiava il tennis, lo avevano costretto ad andare con le minacce, e così aveva pensato ad una forma di vendetta. Lui voleva una pallina, un souvenir dell’evento, per far provare l’invidia più profonda a tutti quei fanatici che da quattro ore si spellavano le mani e si contorcevano ritmicamente al susseguirsi degli scambi. Lui era sicuro, quasi tutti avrebbero dato molto per avere una pallina della finale  da poter mostrare agli amici nelle tediose serate autunnali. Così era rimasto vigile per tutto l’incontro, e quando la pallina, colpito il nastro della rete, si era impennata verso la sua tribuna lui era schizzato in piedi per primo ed era riuscito ad acchiapparla dopo una breve disputa con il suo vicino di sinistra. Poi, con calma, dopo averla esibita, se la era messa in tasca e si era seduto, soddisfatto di sé.

Lei era nuovamente al buio, ferma tra un accendino e un pacchetto di sigarette, affranta. La sua carriera sportiva, il suo unico obiettivo, tutto stroncato sul nascere.
Un colpo, un solo colpo!!!
E per di più sbagliato!
Dal tutto al niente nello spazio di due secondi!
E chissà cosa sarebbe successo ora…